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Autori - Eduardo De Filippo

Eduardo De Filippo

a cura di Vincenzo Albano

 

Ogni tentativo di dare alla vita un qualunque significato è Teatro.

E. De Filippo

 

 

L'arte della commedia

Scritta nel 1964, è senza dubbio tra le opere più particolari di Eduardo; non a caso, uno dei testi meno rappresentati dalla sua compagnia. Conobbe infatti maggiore fortuna all’estero. Alla prima rappresentazione del 1966 a Leningrado, ne seguirono altre quattordici in varie città europee. Tra queste, si ricorda la messinscena del 1981 a Berlino e quella parigina del 1983. Nella stagione 2000-2001 la commedia viene messa in scena dalla compagnia di Luca De Filippo con la partecipazione di Umberto Orsini nel ruolo del Prefetto.
Debutta per la prima volta a Napoli l’8 gennaio 1965 al Teatro San Ferdinando, e dopo un breve giro nei piccoli teatri di provincia fu sostituita nelle grandi capitali italiane con altre opere del repertorio, temendo il risentimento delle autorità politiche che erano state, nel testo, oggetto di critica. Verrà ripresa solo nell’edizione televisiva del 1976, dove compare anche il prologo, fino ad allora mai pubblicato né rappresentato. L’arte della commedia muove senza dubbio una sottile polemica contro lo Stato ed una profonda riflessione sul teatro, sulla sua natura più intima e sul suo ruolo all’interno della società. È utile un teatro - appunto - che sappia solo intrattenere futilmente gli spettatori, che diverta senza educare, che distragga le masse dall’avere un’opinione, che rinunci a sottolineare carenze morali o sociali? È questa volta la vita stessa di Eduardo, il teatro, a dare una risposta all’interrogativo. Da una parte, dunque, l’embrione di un manifesto di poetica teatrale, dall’altra, conseguenza ideale di una lettera inviata qualche anno prima all’allora ministro dello Spettacolo Tupini per dirsi preoccupato sul destino della scena italiana. Molte battute del protagonista, Oreste Campese, ricalcheranno le parole contenute nel messaggio.
Campese è il capocomico di una compagnia di attori girovaghi, rimasti bloccati in una piccola cittadina abbruzzese dopo l’incendio del capannone utilizzato per dar spettacolo. L’attore si reca dal Prefetto De Caro per invitarlo a presenziare al suo spettacolo, ospitato in via eccezionale al teatro comunale. Ne nasce un vivace contraddittorio sui rapporti fra teatro e Stato; alla fine, indispettito, il Prefetto nega la sua presenza e offre un foglio di via. Al suo posto Campese prende non volendo la lista delle persone in attesa di udienza, che il prefetto, insediato da poche ore, non conosce. In mano ai comici, la lista diventa una minaccia: quelli che si presentano, ciascuno con un caso drammatico, sono persone reali o attori travestiti? Neanche la morte di uno di loro, scioglie l’enigma: con la sua sola esistenza il teatro insidia la logica degli apparati.