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Leo de Berardinis - Articoli

Leo de Berardinis

a cura di Marilena Gentile

 

Il teatro è veramente lo specchio profondo del tempo, dove l'uomo riflette se stesso, non per fermarsi nella fissità della propria forma, ma per scrutarsi, allenarsi, come un danzatore.

L. De Berardinis

Chiudiamo i teatri oggi sono autogrill

Leo de Berardinis lancia un duro "j'accuse" da Bologna, dove oggi va in scena con Past Eve and Adam's dedicato ai suoi autori più cari

Bologna - "I teatri vanno chiusi", dice Leo de Berardinis. E lo dice sul serio: pubblico o privato che sia, "il teatro in Italia è un autogrill dove trovi di tutto dalla cravatta al caffè, ma è tutto scadente". E allora chiudiamo i teatri alle merci, sgombriamo gli scaffali degli spettacoli in offerta speciale, tre per due e quattro per cinque, e via i mercanti dal tempio. Lo ripete, e lui per primo, da attore regista e capocomico, l'ha sempre messo in pratica, dagli anni in cui recitava nelle cantine ("All'inizio non eravamo che in due o tre a farlo ma riuscimmo a cambiare il pubblico") agli spettacoli montati con Perla Peragallo nella periferia di Marigliano. Certo, la nomina di Mario Martone al Teatro di Roma e di Giorgio Barberio Corsetti alla Biennale Teatro sono segnali di buon auspicio, "ma non vorrei che fosse il solito belletto, il solito aggiustamento".
II Teatro di Leo, la compagnia creata all'indomani del divorzio da Nuova Scena, ha la sua sede in un teatro comunale, ricavato in una chiesa sconsacrata, il San Leonardo di Bologna: una "casa" che gli offre completa libertà di movimento, ma deficitaria sul piano tecnico, piccolo il palcoscenico, discutibile l'acustica. Ma non è il San Leonardo, comunque, il teatro che Leo vorrebbe "chiudere": sono i teatri veri, le vere sale all'italiana, che de Berardinis vorrebbe sottrarre alla "tragedia del libero mercato" e restituire agli attori, ad attori e spettatori. "Per iniziare basterebbero due teatri, e due artisti veri, che abbiano la vocazione alla formazione degli attori e del pubblico: ci sono due teatri in Italia? Proviamo, vediamo cosa succede". Ne ha fatto l'esperimento al Valle di Roma, che in giugno l'Eti ha chiuso la sala al pubblico per trenta giorni, e l'ha tenuta aperta per 21 attori consentendogli di portare a termine un laboratorio, "esaltante", sfociato poi nello spettacolo Come una rivista. Mancando però un'adeguata distribuzione, Come una rivista è stato sospeso e verrà ripreso solo a febbraio con una compagnia ridotta. Peccato. Ma anche se riuscito a metà, l'esperimento del Valle, spiega Leo, dimostra che creare un "Teatro nazionale di Ricerca" come sta cercando di fare a partire dalla lettera della legge per il teatro già approvata alla Camera, un teatro che mantenendo la casa madre a Bologna riesca a conciliare gli estremi della stabilità e del nomadismo, con residenze prolungate in altri teatri e in altre città, è un progetto non solo possibile ma necessario: "Il teatro deve tornare a essere una cosa preziosa".
E anche il nuovo spettacolo che stasera porta in scene al San Leonardo, il suo sessantesimo Past Eve and Adam's, titolo attinto a The Finnegan's Wake di James Joyce, solo sul palcoscenico come non gli accadeva di fare da sette anni, e cioè dall'epoca dell'Otello, benché abbia l'apparenza di un bilancio, col suo riandare ai testi e agli autori più cari, Omero e Dante, Leopardi e Shakespeare, Pasolini e Joyce, in realtà rimette ogni cosa in gioco. Leo l'ha concepito come una "messa in musica". E' accaduto, racconta, quasi per caso: mentre ascoltava La Valse di Ravel e tra sé e sé scandiva Leopardi e Dante, man mano si è reso conto come, sul contrappunto del tema musicale, "i versi, liberati da ogni psicologismo, e dal mio stesso lirismo, divenivano davvero pensier musicale".
Procedendo per analogia e associazione d'idea, de Berardinis ha costruito il libretto, che da Joyce, sfiorando Omero, Dante, Leopardi e Rimbaud, per la prima volta si cala anche nei ruoli shakespeariani di Ofelia e di Lady Macbeth. La musica a cui aderiscono è fatta in gran parte del Requiem di Mozart, con inserimenti di Bach e Schonberg: i grandi "ragionatori e sistematori" della musica occidentale. Due sole concessioni, al Coltrane delle My Favourite Things, e alla technomusic, che Leo, insuperato mago della contaminazione tra i generi, considera una efficacissima base per la tragedia classica. Il debutto dello spettacolo sarà trasmesso in diretta sulle frequenze di Radiotre Suite.

B. TORRESIN, "la Repubblica", 1° novembre 1999.