Annibale Ruccello
a cura di Carmela Lucia
E po’ co sta lengua toscana avite frusciato lo tafanario a miezo munno! Vale cchiù na parola Napoletana chiantuta ca tutte li vocabole de la Crusca!
A. Ruccello, Ferdinando
a cura di Carmela Lucia
E po’ co sta lengua toscana avite frusciato lo tafanario a miezo munno! Vale cchiù na parola Napoletana chiantuta ca tutte li vocabole de la Crusca!
A. Ruccello, Ferdinando
1956
Nasce a Castellammare di Stabia, la stessa città di Raffaele Viviani, il 7 febbraio da Ermanno Ruccello e Giuseppina de Nonno.
1973
Scrive, a soli diciassette anni, la sua prima opera intitolata Il rione, un bozzetto naturalistico di stampo vivianeo. Questa “commedia in due tempi”, che si apre “annanze a nu vascio”, appare come un testo corale, che recupera la tradizione di una affabulazione popolare e collettiva, per questo ancora legata alle radici della tradizione napoletana, da Raffaele Viviani a De Filippo. Tuttavia presenta già un audace riferimento al tema dell’omosessualità (che si incarna nella figura di Aurelio, un omosessuale che trova la morte durante la notte di Natale).
1974
Fonda a Castellammare di Stabia il gruppo de “I Dodici Pozzi”, poi ribattezzato “Il Carro”, con quelli che saranno i suoi più fedeli collaboratori: Lello Guida, co-autore di tre adattamenti, Francesco Autiero, allora scenografo, Vanni Baiano, attore e costumista, e Carlo de Nonno, che comporrà le musiche e parteciperà alle scelte musicali per tutti i principali lavori di Ruccello. Gli attori del gruppo sono: Dora Romano, Paolo De Luca, Tito Del Gaudio, Salvatore Scarfato e Michele Di Nocera. La compagnia opera fra Castellammare di Stabia, Gragnano, Pompei e Piano di Sorrento e partecipa anche alle feste de “l’Unità”.
1976
Ruccello riadatta il testo Il vero lume tra le ombre, scritto nel 1698 dall’Abate Perrucci e lo rappresenta a Castellammare, nel Teatro dei Salesiani. Insieme al gruppo de “I dodici Pozzi”, durante il Natale dello stesso anno, rappresenta poi una rilettura della Cantata dei pastori, di Perrucci (già oggetto della sua tesi di laurea), con musiche originali di Carlo de Nonno. Nata nella Controriforma, l’antica riscrittura, che rappresenta la scena della Natività di Gesù nella tradizione campana, fu messa in scena in quegli anni anche da Roberto De Simone al San Ferdinando di Napoli e interpretata dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare. Si tratta di un’opera teatrale in versi, diventata un testo emblematico del teatro religioso gesuitico, e resa famosa dalla ritualità popolare che ne ha fatto, nel corso dei secoli, la pièce più rappresentata della storia del teatro napoletano, secondo l’autorevole giudizio di Croce. Ruccello interpreta la parte comica dello scrivano dalla fame atavica Razzullo, assoldato per il censimento di Betlemme, mentre, nella versione desimoniana registrata per la RAI (nel 1976) parteciperà come comparsa al ballo dei contadini e dei diavoli.
1977
Si laurea con il massimo dei voti in Lettere e Filosofia all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. La tesi, discussa con Luigi Maria Lombardi-Satriani, in Antropologia culturale, intitolata ”La cantata dei pastori”: un esempio di teatro popolare nell’area campana, viene poi prontamente pubblicata l’anno successivo col titolo Il sole e la maschera: una lettura antropologica della Cantata dei pastori (Napoli, Guida, 1978), con prefazione di Roberto De Simone e presentazione di Pino Simonelli (ora Napoli, Stamperia del Valentino «Sotto il cappello», 2008). Sempre nel 1977, rappresenta l’Osteria del melograno, scritto a quattro mani con Lello Guida. Il testo, ispirato alle tradizioni popolari campane, a La Gatta Cenerentola di De Simone (1976) e al Cunto de li Cunti di Basile, sarà affidato alla compagnia del “Gruppo dei Dodici Pozzi”. C’è, sicuramente, agli esordi della carriera del giovane drammaturgo, una scrittura segnata da una profonda fedeltà per la tradizione più antica del teatro napoletano, rispetto alla quale Ruccello si pone come curioso e attento interprete e da cui sembra attingere a piene mani, sin dagli studi universitari e dalle esperienze sulla scena maturate durante gli anni dell’apprendistato con Roberto De Simone (in questa fase di apprendistato, tante suggestioni gli venivano inoltre dalla possibilità di assistere alle prove de La Gatta Cenerentola).
1976-1978
Questo biennio coincide con un’intensa fase di studio: Ruccello si dedica in particolare agli studi di antropologia culturale, collabora con Roberto De Simone e con lui partecipa anche a inchieste sul campo nell’area dell’agro vesuviano, come documenta, per esempio, l’intervista al puparo Emanuele Esposito (20 novembre 1977, trascritta col titolo Il presepe di Emanuele Esposito in R. De Simone, Il presepe popolare napoletano, Torino, Einaudi, 1988, pp. 51-78). Ruccello scrive saggi su musiche, tradizioni popolari (dedicandone uno anche alla gastronomia), sugli antichi miti del teatro campano (analizza inoltre la maschera di Pulcinella), ma è soprattutto verso l’antropologia religiosa che orienta maggiormente la sua ricerca. In particolare, studia la tradizione iconografica del presepe napoletano, e soprattutto studia le feste pagane e Mariane, in particolare, approfondendo soprattutto le sue ricerche sulla figura della Madonna (si veda il saggio La festa della Madonna delle galline a Pagani). Già al centro della trattazione nel saggio Il sole e la maschera, la “Mater Dolorosa” rappresenta, come dimostrano gli studi antropologici di Ruccello, un punto di riferimento importante dell’universo simbolico degli antichi miti popolari, in cui si incrociano i temi della follia, della morte, dell’irrazionale. Non è un caso che l’elemento femmineo apparirà come una costante dominante in tutti i suoi testi teatrali che di lì a poco lo faranno conoscere su tutto il territorio nazionale.
1979
Ruccello, assunto in qualità di antropologo, si licenzia dalla Sovrintendenza ai Beni etno-antropologici di Napoli, per dedicarsi totalmente al teatro. Con la compagnia “Il Carro” partecipa alla Sesta edizione del Giugno Popolare Vesuviano (dal 16 giugno all’8 luglio 1979), una rassegna campana di grande spessore culturale che coniuga l’interesse per la cultura locale contadina con la vivace sperimentazione di alcuni tra i più importanti movimenti artistici dell’avanguardia nazionale, attraverso anche l’apporto delle arti visive, sonore e pittoriche. Ruccello, che figura ancora una volta tra gli interpreti, allestisce, con una personalissima lettura, Rottami, una pièce che contamina Eugène Ionesco e Ronald D. Laing. Nella riscrittura dei tre atti unici di Ionesco (La fanciulla da marito, Il salone dell’automobile, Il maestro) si possono cogliere già i segni del teatro più maturo, come per esempio la critica all’edonismo e all’esibizionismo consumistico degli anni Ottanta. Questo lavoro di grande sperimentazione coincide con un momento di intensa e profonda ricerca anche di nuove forme espressive di natura musicale. Le musiche riprendono temi di Brecht ed Eisler; inoltre, come testimoniato da Carlo de Nonno, per la prima volta sulla scena sono utilizzati strumenti elettrificati e procedimenti compositivi legati all’alea di Cage.
1980
Con la compagnia da lui fondata, rappresenta testi teatrali che sono per lo più riscritture: I gioielli indiscreti di Diderot (1980), L’asino d’oro (1980), poi ribattezzato Ipata (1981) e ispirato all’Asinus aureus di Apuleio. In particolare, l’Asino d’oro di Apuleio, romanzo d’avventure e di costume, di impianto spiccatamente teatrale, fa “scoprire” a Ruccello che suggestioni di sensi nascosti nei miti del passato possono diventare il mezzo per superare, se non addirittura per “esorcizzare”, l’angoscia dell’uomo moderno, la ricerca dell’uomo della propria identità in un mondo diventato ormai “straniero”. I miti del passato (che rivivono nelle avventure di Lucio trasformato in asino, segno della catabasi nella bassa vita quotidiana, osservata con penetrante spirito critico), diventano quindi lo specchio deformante attraverso cui si misurano e riflettono quelli del presente (Cfr. la recensione di E. Fiore, Al Pacuvio il teatro arriva sul “Carro”, “Paese Sera”, 24 maggio 1980, ora in Il rito, l’esilio e la peste. Percorsi nel nuovo teatro napoletano: Manlio Santanelli, Annibale Ruccello, Enzo Moscato, Milano, Ubulibri, 2002, p. 51). Nello stesso anno, compone e rappresenta la sua prima opera autonoma, Le cinque rose di Jennifer (debutta a Napoli, al Na Babele Theatre, il 16 dicembre). L’opera, che inaugura la scrittura scenica della “trilogia del quotidiano da camera”, rappresenta l’esigenza di rinnovare il repertorio tradizionale attraverso i temi dell’omofobia, della “non-comunicazione”, della simulazione e dell’irrazionale. Attraverso un linguaggio degradato si inscena il dramma dell’incomunicabilità e dell’identità di Jennifer, la prima delle figure “deportate”, colpite da un profondo sradicamento (è l’anno anche del terremoto che colpisce Napoli) e dalle trasformazioni culturali, che Ruccello mostra di saper cogliere con la sua sensibilità da antropologo. Il testo avrà anche una trasposizione cinematografica nel 1989 con Francesco Silvestri, già attore a teatro nella parte di Anna, la vicina di casa di Jennifer (interpretata magistralmente dallo stesso Ruccello), e successivamente sarà registrata una versione radiofonica (1994) per Radio 3 con Enzo Moscato.
1982
Con Lello Guida (con cui all’inizio della sua carriera, Ruccello scrive piccole opere, in maggioranza ispirate a materiali popolari, tutte destinate alla messinscena con la cooperativa “Il Carro”) e De Nonno allestisce una farsa di genere composito intitolata Napoli-Hollywood… un’ereditiera? (1982), una riscrittura dal film L’ereditiera di William Wyler, remake mutuato a sua volta dal romanzo Washington Square di Henry James (Ruccello amava i film di Brian De Palma, ma anche i thriller di Hitchcock e Chabrol, il primo Almodovar, tutto il cinema tedesco e particolarmente Fassbinder). Dal sodalizio tra “Il Carro” e il Teatro Nuovo di Napoli nasce la cooperativa “Teatro Nuovo - Il Carro”, che risulterà essere tra le migliori produzioni teatrali di quegli anni. Viene rappresentata Una tranquilla notte d’estate poi rielaborata in una nuova versione che si intitolerà Notturno di donna con ospiti. Ambientata in una fascia periferica della zona costiera vesuviana, la commedia dai toni noir e surreali ha per protagonista una casalinga Adriana, figura per eccellenza di quei personaggi “deportati” che caratterizzeranno, insieme al “minimalismo da camera”, tutta la produzione di Ruccello.
1983
Notturno di donna con ospiti debutta al Teatro Tenda di Nocera Inferiore (22 ottobre del 1983). Recita anche Annibale Ruccello e lavora con lui una coppia ormai collaudata di suoi collaboratori, Francesco Autiero, per le scene, e Carlo de Nonno, per le musiche. Sempre nel 1983 viene rappresentato un testo intriso di giallo, ambiguità e sogno, il monologo Week-end a Roma, al Teatro dell’Orologio, con la regia di Marco Gagliardo, il 2 novembre fuori dai confini napoletani. Nel 1985 vincerà con quest’opera il premio IDI under 35, e soltanto nel 1986 Ruccello ne firmerà la regia, confermando come interprete principale l’attrice Barbara Valmorin.
1984
Con Enzo Moscato e Silvio Orlando Ruccello interpreta Pastareggina va sposa ad Anié di Fabio Storelli, con musiche di Pasquale Scialò (Caserta Belvedere di San Leucio 2 settembre 1984). Nello stesso anno, Enzo Moscato affida a Ruccello la regia di Scannasurece, con le scene e i costumi di Autiero e le musiche di de Nonno (la pièce debutta il 23 novembre a Torre del Greco, “Teatro del Garage” di Gennaro Vitiello, dove esordirono anche Mario Martone ed Enzo Moscato).
1985
Ancora una volta Ruccello si cimenta come attore interpretando, insieme a Enzo Moscato, La tempesta di Shakespeare (Napoli, Teatro Ausonia, 4 ottobre). Sempre nel 1985, Moscato, che in quegli anni recitava con l’artista stabiese anche in duetti, scrive per lui Ragazze sole con qualche esperienza, dedicando e adattando a Ruccello il ruolo di Bolero. Insieme a Silvio Orlando e Tonino Taiuti, interpreta Ragazze sole con qualche esperienza sempre di Enzo Moscato (Napoli, Teatro Ausonia, 12 novembre). Inoltre, come all’inizio della sua carriera, Ruccello lavora di nuovo a una riscrittura, La ciociara, dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, che debutta a Roma al Teatro dell’Orologio, l’8 novembre.
1986
È l’anno del grande successo di Ferdinando, con la regia di Ruccello, le scene di Franco Autiero e le musiche di Carlo de Nonno (la prima assoluta è il 28 febbraio, al Teatro Verdi di San Severo). Si ricorda la grande interpretazione di Isa Danieli e dello stesso Ruccello nella parte di Don Catello. Con quest’opera, che contamina le forme del romanzo storico con i toni noir e satirici delle commedie leggere, Ruccello vince due premi IDI: il primo nel 1985 per il testo teatrale, e il secondo l’anno successivo per la miglior messinscena, allestita dallo stesso Ruccello. Il testo avrà anche una trasposizione cinematografica, con una produzione RAI dal titolo Ferdinando uomo d’amore (1990) di Memè Perlini, girato a Palermo, con Ida De Benedetto, e una radiofonica (1996) per Radio Tre con Isa Danieli (il debutto è al Teatro Comunale Verdi di San Severo, il 28 febbraio del 1986). Dopo il successo di Ferdinando, Ruccello ritorna alle forme espressive del monologo e ai temi del “minimalismo da camera” con Piccole tragedie minimali, di cui è anche interprete e regista (debutto Fortezza di Montalcino il 23 luglio). Di ritorno da Roma il 12 settembre Annibale Ruccello muore in un drammatico incidente con l’attore napoletano Stefano Tosi (che era alla guida dell’auto) probabilmente per lo scoppio di uno pneumatico sull’autostrada Roma-Napoli; in macchina c’erano anche Igina di Napoli e Stefania Ventura. Erano diretti a Benevento, al Festival del Teatro, due “giovani, grandi promesse” del teatro, come titolò il necrologio del “Giornale di Napoli” del 13 settembre 1986. La salma di Ruccello riposa nel Vecchio Cimitero di Castellammare di Stabia, nel monumento funerario della Famiglia Boccacini.
Esce postuma un’altra riscrittura, dall’adattamento, per il Teatro popolare di Roma, dell’opera letteraria La fiaccola sotto il moggio di Gabriele D’Annunzio. Le scene e le musiche sono dell’ormai collaudata coppia Autiero e de Nonno Carrara. L’opera, che debutta al Teatro degli Animosi, il 31 ottobre, sarà messa in scena nel 2011 dalla regista Roberta Torre. Questo è anche l’anno della fusione della compagnia guidata da Ruccello con il teatro “Il Nuovo” di Napoli. In questo contesto nascerà l’idea di stabilire una sede fissa della compagnia in uno spazio che diventi centro di sperimentazione e produzione teatrale, nonché un punto di riferimento per autori e attori esordienti.