Peppino De Filippo
a cura di Daniela Piscopo
Considerate, vi prego, il mio teatro lo specchio di voi stessi...
P. De Filippo
a cura di Daniela Piscopo
Considerate, vi prego, il mio teatro lo specchio di voi stessi...
P. De Filippo
"Da sempre, prima per intuito, poi per studio, poi per convinzione, poi per esperienza personale, ho finito per considerare molto, ma molto più difficile l'arte del far ridere che quella del far piangere. Naturalmente alludo all'arte non semplicemente del far ridere, ma di saper far ridere: ridere seriamente. Per questo, teatralmente parlando, preferisco ed ammiro il genere comico e particolarmente farsesco da qualsiasi parte derivi, purché abbia stile e insegnamento dal lato umano. Sono sicuro, che il dramma della nostra vita, di solito, si nasconde nel convulso di una risata provocata da una qualunque azione che a noi è sembrata comica. Sono fermamente convinto che, spesso, nelle lacrime di una gioia si celino quelle del dolore. Allora la tragedia nasce e la farsa, la bella farsa si compie!" (P. De Filippo, Strette di mano, Napoli, Marotta, 1974, pag. 39).
"Cominciai a pensare ad una forma di teatro capace di esprimersi mediante un linguaggio moderno come quello di tutti i giorni, con tutti i caratteri e le abitudini della società italiana particolarmente del dopoguerra su base tradizionalmente comica nella quale, qua e là, come lo sfarfallìo di una luce riflessa, fossero affiorati i piccoli e grandi drammi della vita quotidiana del nostro Paese. Un teatro insomma, da scrivere o adattare: difficile dunque! Ma a me appariva meravigliosamente vero e di grande attualità. Un genere di spettacolo che, naturalmente, si sarebbe dovuto perfezionare mano mano con l'andare del tempo. […] Cercai di formare un gruppo di attori capace di saper affrontare artisticamente un linguaggio teatrale in lingua italiana ma con una duttilità di espressione e cioè che trattassero, all'occorrenza, gli accenti dei nostri dialetti. Un linguaggio in lingua italiana sia pure pieno di impurità e inflessioni, ma festoso, palpitante per i diversi accenti dei quali è ricco il nostro paese, quindi vero e non più il gelido e accademico linguaggio dalla perfettissima dizione che io giudicavo falso, stereotipato e insopportabile". ( P. De Filippo, Una famiglia difficile, Napoli, Marotta, 1976, pag. 397).