Roberto Bracco
a cura di Marilena Gentile e Samanta Scidone
Il teatro di prosa - non par vero - è un po'... come l'Amore, quanto più si discorre d'Amore, tanto meno l'Amore finisce.
R. Bracco
a cura di Marilena Gentile e Samanta Scidone
Il teatro di prosa - non par vero - è un po'... come l'Amore, quanto più si discorre d'Amore, tanto meno l'Amore finisce.
R. Bracco
La trasposizione cinematografica delle opere teatrali di Roberto Bracco, fatta eccezione per La piccola fonte e Sperduti nel buio (quest'ultima diretta da Martoglio nel 1914), rimane, a tutti gli effetti, un progetto teorico mai realizzato. I motivi di questa travagliata vicenda sono da ricercare soprattutto nell'elezione di Bracco a candidato dell'opposizione, in un periodo in cui il Fascismo domina ogni settore della vita pubblica e privata, e nell'ascesa dell'astro emergente Luigi Pirandello che, dopo il 1910, oscura la fama teatrale di Bracco.
Dal carteggio riguardante la collaborazione tra Bracco e la Scalera Film (di don Michele Scalera), emerge lo scontento dell'Autore per la bocciatura di ogni sua proposta presentata al Perilli, consulente cinematografico della suddetta.
L'amarezza di Bracco deriva dalla consapevolezza che, il vero ostacolo alla realizzazione cinematografica delle sue opere teatrali, non risiede tanto nella superficialità di Scalera quanto nell'opposizione fascista alle sue idee politiche.
Durante il Ventennio fascista, nonostante il suo dichiarato antifascismo, Bracco vede rappresentate molte delle sue opere, da Il piccolo Santo, ( portato in scena da Ruggero Ruggeri e Renzo Ricci e rappresentato memorabilmente anche nel 1941 all'EIAR con la regia di E. Ferrieri e interpretazione principale di Guido de Ponticelli) a La Piccola Fonte (cavallo di battaglia di Maria Melato, rappresentato con grande successo anche da L. Adani) e da Don Pietro Caruso (dato da E. Zacconi, A. Falconi e G. Donadio) fino a Maternità, Gli occhi e L'infedele.
Il regime fascista pone il veto solo per l'opera I Pazzi, ma nel 1929 l'attrice Emma Gramatica, di fede fascista, ottiene l'autorizzazione per la messa in scena e la rappresenta con grande successo, al Teatro Fiorentini di Napoli il 18 giugno dello stesso anno.
Tuttavia quando l'attrice porta I pazzi al teatro Eliseo di Roma, i pirandelliani (anti-Bracco per antonomasia) e i fascisti scatenano una grande confusione in seguito alla quale Mussolini rimette il veto che verrà tolto soltanto alla morte dell'autore dal censore teatrale del Fascismo, il prefetto Zurlo, che assolve ad una promessa fatta a Bracco. Dunque, più che a teatro, Bracco viene penalizzato in campo giornalistico ed in campo cinematografico: La Scalera infatti non rappresenta nessuna delle sue trasposizioni per il cinema anche se nel 1938 la rivista "Cinema" parla di un Don Pietro Caruso in via di produzione, che, non sarà mai realizzato.
Lo stesso destino sarà di Sperduti nel Buio affidato a Pasinetti e mai realizzato.
Roberto Bracco muore circondato dal silenzio il 20 aprile 1943; soltanto il "Corriere della Sera" pubblica un commento affettuoso in suo onore: si tratta di un pezzo pubblicato senza firma, tra le righe è palese lo stile di Renato Simoni.