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Peppino De Filippo - Il teatro

Peppino De Filippo

a cura di Daniela Piscopo

 

Considerate, vi prego, il mio teatro lo specchio di voi stessi...

P. De Filippo

 

A Coperchia è caduta una stella

A Coperchia è caduta una stella è una farsa in due parti, rappresentata per la prima volta al Teatro Sannazaro di Napoli nel 1933. Narra la storia di due contadini, Pasquale e Luigi che vivono una vita tranquilla nella loro casetta di montagna. Pasquale è un donnaiolo, pur essendo fidanzato, mentre Luigi è fedelmente innamorato di Rosina. Ad un tratto arriva Stella, una bella straniera che per un guasto alla macchina è costretta a chiedere ospitalità ai due fratelli. E' la Stella caduta a Coperchia, che fa perdere la testa ai due, i quali decidono di lasciare le rispettive fidanzate. Ma la ragazza, che vuole solo divertirsi, dopo aver promesso a Pasquale di sposarlo e dopo essersi fatta prestare una certa quantità di denaro, il giorno dopo abbandona i due fratelli partendo con gli amici che sono venuti a prenderla.

AMBIENTAZIONE: le scene rappresentano l'interno di una casa di campagna nel piccolo paese di Coperchia. In fondo, al centro del palcoscenico c'è una grande porta di legno da cui entrano ed escono i personaggi. A destra e a sinistra della scena due lettini sopra i quali sovrastano due quadri illuminati da candele, mentre solo sulla parete di sinistra sono attaccati ritagli di fotografie di dive del cinema.
PERSONAGGI: i personaggi sono Luigi e Pasquale Montuori, rispettivamente i due fratelli contadini; Rosina, anch'essa contadina e fidanzata di Luigi; Clotilde, maestra elementare; Alberto commesso viaggiatore; Enrico medico condotto; Don Tommaso il notaio; Ciro il barbiere; Antonio il sarto; Elena e Giulia artiste del varietà; infine Filomena, Carmela, Assunta, Raffaele e Giovanni tutti contadini del paese che fanno un po' da coro durante la rappresentazione.
TECNICHE LINGUISTICO-STILISTICHE: l'opera, allontanandosi dal testo a stampa, in cui si snoda rigorosamente in lingua, viene invece proposta per la messinscena, in vernacolo e in parte personalizzata dall'autore, che, come spesso accadeva, aggiungeva al copione di base parole e battute a soggetto. Peppino non si smentisce, mantiene la scena con grande disinvoltura e padronanza di movimenti. La sua voce cantilenante e dai toni bassi, accompagnata dalla musicalità del dialetto è perfetta per interpretare questo personaggio testardo, un po' presuntuoso che rimane per tutto il primo atto con il cappello in testa, anche di notte!
RECENSIONE: A proposito della messinscena scrisse Renato Simoni: "La larga comicità è prodotta dal vivace contrasto tra l'indole diversa di Pasqualino e Luigino, dal continuo gioco di parallelismi e di antitesi nel quale sono tratti ingegnosamente i loro sentimenti e le loro parole" ("Corriere della Sera", 10 febbraio 1940).