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Leo de Berardinis - Articoli

Leo de Berardinis

a cura di Marilena Gentile

 

Il teatro è veramente lo specchio profondo del tempo, dove l'uomo riflette se stesso, non per fermarsi nella fissità della propria forma, ma per scrutarsi, allenarsi, come un danzatore.

L. De Berardinis

De Berardinis: teatro, eterna ricerca della verità

Al Duse "Past Eve and Adam's", un recital suggestivo di grandi testi

Genova - Past Eve and Adam's, recital messo a punto da Leo de Berardinis, andato in scena ieri l'altro sera al Duse, è uno spettacolo che fa parte d'un progetto di de Berardinis nel quadro del Teatro San Leonardo di Bologna e rientra appunto nel "Teatro Nazionale di Ricerca" cui l'attore-regista da tempo consacra il suo impegno maggiore.
In sé, Past Eve and Adam's, è un recital per sola voce solista, con accompagnamento musicale: una crestomazia di grandi classici - Omero, Dante, Shakespeare, Leopardi, Rimbaud, Joyce, Pasolini, ecc. - messo insieme con un intelligente collage. Dura poco meno di un'ora e mezzo - quello che è giusto - ed è una messa in scena suggestiva.
Bisognerebbe fermarsi qui: ma de Berardinis, in questo suo impegno, sottolinea la scelta dei testi per suggerire una trama complessa. In realtà si tratta, sul piano dei contenuti, d'un viaggio - nella mente e nel cuore di ciascuno - per ritrovare tensioni, emozioni e soprattutto la verità assoluta, una sorta di conoscenza filosofica (ma verrebbe quasi da dire "gnostica") che il teatro, la musica, i colori, la voce (come strumento) aiutano a rintracciare.
Leo de Berardinis fa tutto da solo, con l'aiuto dei colori che illuminano monocromaticamente - quasi sempre - un'altra camera quadrangola senza finestre. Sono rossi violenti - dal purpureo al pompeiano - azzurri, bruni, gialli. I colori si accompagnano a Mozart, a Beethoven, a Bach che, con estrema discrezione accompagnano le letture.
L'interprete-regista indossa solo alcune tuniche dove un tratto, un segno, un fregio, un fulgore indicano il ruolo e la persona, oltre, di volta in volta, una maschera. Quando "entra" in personaggi femminili, modifica anche la voce.
La voce. Leo de Berardinis lavora - anche grazie al microfono portatile che gli suggerisce effetti dilatati - su quella che ormai è nota come la "fonè", resa celebre da Carmelo Bene. Ma l'antiteatrante di Lecce ha usato la "fonè" in funzione del suo esibizionismo istrionesco: la voce di Carmelo funziona, anche beffarda e dissacrante, in spazi ampii, persino in stadi o in arene. E' un grandissimo gioco d'artifizio che fa parte della continua "commedie" di Bene.
Per Leo de Berardinis la "fonè" è strumento di ricerca, è monologo interiore, è dialettica filosogica, è confessione amorosa, è diario persino.
Sul piano teatrale l'esperimento, perché di tale si tratta, del "Teatro di Leo", è interessante, ma non originalissimo. Per certi aspetti è riduttivo e lievemente snobistico. Ma il suo obiettivo è certamente l'opposto d'una provocazione dirompente. Siamo invece nello spazio e nel tempo che diventano estetica. Nel bello e nel sublime, sembra suggerire lo spettacolo, si trova la verità. Non a caso si conclude con le ultime terzina del paradiso con "l'amor che move il sole e le altre stelle", uscendo dalla "notte di Finnegan" di Joyce con cui si era incominciato.

Paolo LINGUA, "La Stampa", 1° febbraio 2001.