Le recensioni degli studenti di Letteratura Teatrale Italiana a.a. 2015-2016
SONIA RICCO: Le “Scimmie” di Alessandro Gallo tornano ad invadere il palco del Nuovo Teatro Sanità, 6 novembre 2015
Sipario aperto. Scena spoglia. Buio. Un ritmo incalzante, scandito dai battiti di un tamburo, che risuona tra le volte della chiesa dell’Immacolata e San Vincenzo, ormai da due anni sede del NTS. Ed il volto, gradualmente illuminato al centro della scena, del giovane Gennaro (Carlo Geltrude) che con un suggestivo monologo vi si aggiunge e ne prosegue il crescendo: “Questo ho sognato: strilli, scherzi, urla, pianti, sirene, clacson, […]”. Un fitto ed intenso susseguirsi di suoni, profumi, immagini, elementi familiari e, a tratti, violenti caratterizzanti uno dei quartieri difficili di Napoli. È lo scenario senza tempo dell’ennesima gioventù bruciata, incastratasi, per pura avventatezza, nei meccanismi della malavita “[...] dimenticando un passato migliore per un futuro di orrori”.
Così lo spettatore si immerge nelle atmosfere di Scimmie, adattamento teatrale del romanzo omonimo di Alessandro Gallo, in scena il 6 e 7 novembre al Nuovo Teatro Sanità. Reduce dal successo della scorsa stagione, il regista Carlo Caracciolo ripropone, con alcuni accorgimenti scenici, la storia dei tre adolescenti Gennaro, Tore (Mariano Coletti) e Franco (Riccardo Ciccarelli), ragazzi provenienti da famiglie modeste e rispettabili del Rione Traiano, ma alla ricerca di un riscatto sociale, di un senso di appartenenza al Sistema, assetati di potere e ricchezza.
Il testo teatrale conserva la schiettezza e il realismo del linguaggio che l’autore, vissuto proprio nel Rione Traiano e allontanatosi da una famiglia con legami camorristici, attinge dall’osservazione del reale e, che, quindi è riportato anche nel romanzo di riferimento. Accade così che, complice forse anche l’affinità con il luogo in cui sorge il teatro, la vicenda narrata, tanto nella sua drammaticità quanto negli spunti comici ben regolati al suo interno, appare fin da subito, seppur tristemente, familiare. Anche i personaggi, negli atteggiamenti e nell’uso calibrato del dialetto, risultano estremamente veri, come se non vi fosse quel piccolo spazio a dividere pubblico e palco.
Se questa particolare sintonia può esser limitata ad un preciso ambiente e/o contesto sociale (la scelta di riportare, per una maggiore comprensione, gran parte dei dialoghi in italiano, nell’ambito dell’ “All in Festival di Roma”, aveva inciso negativamente sulla forza comunicativa dello spettacolo), non è altrettanto opinabile quella carica attrattiva che l’attore, in quanto elemento centrale della scena, inevitabilmente esercita. Non vi sono riferimenti verbali o elementi scenici che possano suggerire una precisa definizione spaziale o temporale: una dimensione emotiva, data dalla presenza scenica e dalla forza interpretativa dell’attore, elementi accentuati, con un certo gusto cinematografico, da luci e musica.
Lì dove l’istinto predomina sulla ragione, conducendo ad un vorticoso declino, tutto è invece, intimamente, equilibrato e ordinato da un ritmo incessante, quasi tribale. Sul palco vuoto, i sei personaggi si muovono e si relazionano in un continuo e preciso gioco di campi e controcampi, ognuno coi propri racconti, accostati per contrasto a silenzi e gestualità: Gennaro, Tore e Franco, con le conseguenze delle loro azioni; Filomena (Anna De Stefano), la ragazzetta onesta di cui Franco s’innamora e per la quale decide di fuggire da quell’universo di eccessi; Eva (Veronica D’Elia), la giovane, ma già tanto nostalgica, puttana del quartiere, costretta a vendersi per tirare a campare, dopo il suicidio del padre; e infine Gianni (Gennaro Maresca), il giornalista dagli occhi puliti, ispirato alla figura di Giancarlo Siani, che aspira a redimere i tre, a squarciare il velo delle loro illusioni di “scimmie” libere, incattivite e ammaestrate, salvando così un pezzetto della sua metropoli; tutti, fin dall’inizio, costantemente in scena, dove luce e buio definiscono presenze e assenze e, in sincronia con la musica, riempiono gli spazi, richiamando luoghi, situazioni, ed evidenziando momenti del dramma, talvolta, sospesi nel tempo, fino al momento di rottura, quando un rapido fascio di luce che acceca improvvisamente il pubblico, segna il punto massimo di questa catena di cause ed effetti.
Insomma, l’impressione generale, al termine dei 35 minuti di spettacolo, è di aver assistito ad un buon prodotto teatrale, ricco di emozioni e spunti interessanti, in cui l’energia che attraversa ogni singola azione, e la particolare costruzione delle scene, riesce pienamente ad affascinare e a coinvolgere un pubblico eterogeneo, che rimane attento e in rigoroso silenzio per tutta la durata della rappresentazione, acclamandone poi, con entusiasmo, gli interpreti.
Sonia Ricco
Scheda dello spettacolo
Scimmie
di Alessandro Gallo
regia Carlo Caracciolo
con Riccardo Ciccarelli, Mariano Coletti, Anna De Stefano, Veronica D’Elia, Carlo Geltrude e Gennaro Maresca
Napoli, Nuovo Teatro Sanità, 6 novembre 2015