Le recensioni degli studenti di Letteratura Teatrale Italiana a.a. 2015-2016
GIUSEPPE MATTIA: Una rosa, anche se si chiamasse guerra profumerebbe lo stesso, 20 novembre 2015
Blu sullo sfondo. Una sagoma di donna dal viso immerso nel buio. Questo è il preludio di Rose is a rose is a rose is a rose, uno dei trentacinque appuntamenti del trentennale della Sala Assoli, a Napoli.
La poesia, che ha ispirato questa trasposizione teatrale, appartiene ad una giovane autrice croata di nome Ivana Sajko, le cui opere sono state tradotte in tutta Europa, e fa parte del primo movimento di una cosiddetta “Trilogia della Disobbedienza”. Parliamo di una storia sottile, quasi impercettibile, di un amore come tanti altri, consumato tra le fiamme di una città inquieta, dove “persone silenziose bruciano in silenzio”. La traduzione di Elisa Copetti si adagia alla perfezione sulla figura devastante della protagonista, interpretata da Sabrina Iorio, che si fa narratrice onnisciente e personaggio onnipresente. Una voce fuori campo è la sua unica spalla, sulla scena spoglia, adornata di una sola parete sullo sfondo, che ricorda un muro per le fucilazioni. La protagonista danza, e canta a cappella, volge le spalle al pubblico, composto soprattutto da spettatori di una certa età, profondamente rapiti dalla scena.
Le esigue dimensioni della Sala Assoli avvalorano il progetto del regista Tommaso Tuzzoli, creando un rapporto diretto tra performer e spettatori, in uno spettacolo in scena dal 20 al 22 novembre.
La Iorio, a tratti impetuosa, guarda gli spettatori negli occhi, ad uno ad uno, a pochi metri di distanza, ed è impossibile trovare scampo ed allontanarsi, sia da lei che dalla poesia che sta portando in vita. C’è il buio e poi ci sono rumori di passi, c’è un’imitazione, una pantomima, e poi canti, balli flebili e una proiezione di un video sul muro suddetto. Uno spettacolo multimediale degno d’esser vissuto. Dalla storia degli innamorati alla Storia recente, il passo è breve: come tante volte gli amori sono destinati a soccombere, così anche le proteste spesso vanno incontro al medesimo destino. La poesia della giovane autrice esorta le coscienze sopite a ridestarsi dal sonno della quotidianità, riportando la cronaca di storiche opposizioni, da quella di Seattle del 1999 al G8 di Genova nel 2001, fino alla Primavera araba cominciata nel 2010. Lo scopo di quest’operazione si potrebbe riassumere in una sola frase, che poi è il grido di tutti coloro che sono oppressi dal Potere: “Ci pisciano in testa e noi diciamo che piove”. L’opera in questione non offre risoluzioni (per fortuna!), e sfugge al mero ruolo di opera buonista che regala al pubblico buoni propositi di pace e di amore. Lo scopo è bensì giungere alla consapevolezza delle angherie subite e capire che non è possibile che qualcuno si dia fuoco, in piazza, per cercare di raggiungere la coscienza del suo oppressore.
Le luci sulla scena sembrano accordate ai battiti cardiaci del pubblico, anche se a volte non rappresentano del tutto l’intensità della tensione in atto. Il turbamento più profondo arriva in concomitanza con l’arrivo dei bambini, vittime di una malsana guerra, rappresentati da statuine di terracotta adagiate dalla stessa attrice sul palco, con amore materno, messe in fila, con occhi fino a prova contraria innocenti, erette di fronte al pubblico che non può non provare un senso di vergogna. I due giovani protagonisti s’incontrano in una discoteca, come sarà accaduto milioni di volte a milioni di persone, coi loro corpi tremanti e con i gesti così comuni da diventar rito: dal rumore del piscio nel vaso fino all’intreccio delle loro dita in una presa soffocante. La guerra contamina l’amore e l’amore contamina la guerra. Feroce è anche la critica rivolta ai Media, attraverso l’utilizzo di una voce fuori campo, rappresentata, a sua volta, da un insieme aggrovigliato di voci giornalistiche. Vivere emozioni forti, che si svolgono tutte nel breve arco di una sola notte.
La rappresentazione ha raggiunto il suo intento, di raccontare ciò che non viene raccontato nei servizi giornalistici, storie di passioni plasmate dalla guerra e da crepacci senza fine che separano i corpi ansimanti, dove neanche una città in fiamme frena l’amore. Una poesia delicata ma potente, adattata al teatro con uno stile ardito, nonostante fosse impresa impervia portare sulla scena versi così selvaggi, immagini e sensazioni impetuose, e ancor più ardua domarli senza lasciarsi sopraffare, come farebbe un Capitano sadico armato di una frusta, durante un ammutinamento in mezzo all’Oceano. Ed entrando nel viale della fine, ecco ritornare il buio, l’ultimo, prima di un applauso naturalmente scrosciante.
Giuseppe Mattia
Scheda dello spettacolo
Rose is a rose is a rose is a rose
di Ivana Sajko
traduzione di Elisa Copetti
regia di Tommaso Tuzzoli
interprete Sabrina Jorio
spazio/installazione Pierpaolo Bisleri
ingegnere del suono Paolo Cillerai
animazione grafica di Marco Lucisano e Barbara Latorrata
una produzione Golden Show / Tinaos
Napoli, Sala Assoli, 20 novembre 2015