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La critica - Recensioni studenti

Le recensioni degli studenti di Letteratura Teatrale Italiana a.a. 2014-2015

ROBERTA TESTA: Semplicemente un uomo, 27 gennaio 2015

Il pubblico applaude entusiasta dalle poltrone, consapevole commozione accompagna i dieci minuti di applausi. Escono gli attori, l’inchino e…Standing ovation! La platea del teatro è piena solo per metà, ma l’ovazione echeggia come in una sala da tutto esaurito. Si apre il sipario, una scena simbolica si presenta agli occhi del pubblico: sulla sinistra del proscenio un cumulo di valigie, a destra un’alta impalcatura intrecciata dal filo spinato. Sulla parte retrostante del palco una tenda cela in trasparenza un tavolino con due sedie, una svastica giganteggia sul fondale.
Sono le 21.08 di martedì 27 gennaio 2015, al Teatro Carlo Gesualdo di Avellino, in occasione del settantesimo anniversario della liberazione degli ebrei dai campi di concentramento, va in scena lo spettacolo La lista di Schindler, interpretato da Carlo Giuffrè, diretto dal figlio Francesco, ideatore dello spettacolo.
La storia dell’eroico industriale tedesco, giunta fino a noi grazie al romanzo di Thomas Keneally del 1982, è stata oggetto di trasposizione cinematografica da parte del regista Steven Spielberg nel 1993. Da queste fonti parte il lavoro di Giuffrè, ma con la novità di raccontare attraverso i ricordi del protagonista gli orrori vissuti dagli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
Lo spettatore viene catapultato nel 1974, anno della morte dell’impresario tedesco, siedono a tavolino un anziano e stanco Schindler (Carlo Giuffrè) e un generale nazista. Quest’ultimo tiene prigioniero il suo interlocutore interrogandolo sulle motivazioni che lo hanno spinto a perdere tutto il suo prestigio pur di salvare 1.200 ebrei dalla deportazione. La sete di conoscenza del generale non è disinteressata, egli intende far compiere al protagonista un viaggio introspettivo, con lo scopo di rintracciare le cause del fallimento del Regime, per avere la possibilità di far nascere un quarto Reich. La tematica centrale dello spettacolo è proprio quella della memoria, la piéce ha le sembianze di un’altalena oscillante tra i ricordi e la ricostruzione degli ultimi giorni di vita di Schindler. Ecco che si alternano in scena episodi che mostrano le fasi della deportazione dal 1939 al 1945. Due uomini e una donna recitano solo con l’aiuto del loro corpo e di pochi oggetti, la musica e i gesti raccontano ciò che con le parole non si può spiegare. La pulizia del ghetto di Varsavia, la deportazione nei campi di concentramento, la paura costante di perdere la propria vita e i propri affetti, vengono restituiti al pubblico con una tale tensione drammatica da coinvolgere emotivamente lo spettatore. Parallelamente agli avvenimenti storici si snodano storie di vita vissuta di Schindler che non viene mostrato più come l’eroe del romanzo o del lungometraggio di Spielberg, ma come un uomo con tutte le sue debolezze e in balia delle sue passioni. Appaiono come in un sogno le figure della moglie Emilie (Marta Nuti), di Itzhak Stern (Valerio Amoruso) il contabile ebreo, e l’amico Amon Goeth (Pietro Faiella). I dialoghi spiegano i rapporti tra i personaggi: tradimenti, amori infedeli, amicizie ritrovate, quasi a svilire un mito per ricostruire l’identità di un essere umano. Oskar Schindler è stato semplicemente un uomo. Un uomo che ha vissuto e agito in uno dei periodi più assurdi e folli della storia, che non ha compiuto un’impresa strepitosa, o inventato chissà quale meraviglia, ma ha semplicemente agito “secondo la propria coscienza”, spiega Francesco Giuffrè nelle note di regia. Inoltre le musiche di Gianluca Attanasio e le luci di Giuseppe Filipponio creano un’atmosfera unica che coinvolge il pubblico. La recitazione degli attori oscilla tra dialoghi, monologhi e pantomime che si compongono di gesti semplici e quotidiani; il lessico fluido e scorrevole, a volte, assume le sembianze di un flusso di coscienza. Il viaggio introspettivo del protagonista si sviluppa attraverso soliloqui, il linguaggio allora diventa semplice, delicato, come in un sogno. Lo sguardo perso nel vuoto sottolinea ancora più efficacemente l’estraniamento che sta avvenendo nell’interiorità di Shindler, una macchina del tempo che gli consente di ripercorrere la sua vita guardandola con occhio critico.
Tutto lo spettacolo è incentrato sull’importanza del ricordo, sulla necessità di conservare una memoria vigile che ci consenta di non ripetere più gli errori commessi nella storia. È urgente e necessario continuare a raccontare gli orrori della Shoah con la consapevolezza che ciò che è accaduto una volta può ancora ripetersi. È compito di ognuno riflettere su queste vicende per salvaguardare l’esistenza e la dignità di ogni essere umano, perché è possibile salvare una vita anche solo appellandosi alla propria coscienza e “chi salva una vita salva il mondo intero.”

Roberta Testa

Scheda dello spettacolo

La lista di Schindler
di Francesco Giuffré
drammaturgia Ivan Russo e Francesco Giuffré
regia Francesco Giuffré
con Carlo Giuffrè, Valerio Amoruso, Pietro Faiella, Riccardo Francia, Caterina Corsi
musiche Gianluca Attanasio
scene Andrea Del Pinto
costumi Sabrina Chiocchio
disegno luci Giuseppe Filipponio
video Letizia D'Ubaldo