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Francesco Silvestri - Teatrografia

Francesco Silvestri

a cura di Vincenzo Albano


Questo mondo qua, piccerillo mio, tu non lo sai, tu non lo sai ancora, ma è pieno di colori...

F. Silvestri

Storiacce

Per raccontare una storia a volte bastano pochi minuti. Istanti vivi e violenti che svelano i sapori di una intera vita. Storie estreme di una Napoli a tante voci; in forma di monologo e di canzone, sospese tra quotidianità e metafora, sberleffo ed elegia, tra tenerezza e follia; storie vissute o semplicemente raccontate, strappate da una sorta di doppio fondo dell'anima e riportate alla luce affinché trovino riscatto e sublimazione.
Protagonista è la parola che, avvalsa del suo alto potere evocativo, ci racconta di tolleranza, come ne Il bambino palloncino, un bambino cioè dalle ossa vuote e quindi capace di volare, legato ad un filo tenuto dal padre ed esposto alla violenza dei passanti; o di sentimenti materni mal sopportati, come in Alba, storia di una prostituta che uccide il figlio stringendolo al seno, sopraffatta dal peso di crescerlo.
La parola, qui discontinua e spezzata, si spegne nel sordo ed indistinto mormorio di una preghiera ne In nome del figlio, confessione candida e disarmante di un bambino che riceve attenzioni incestuose dalla madre; o in una dolce nenia da intonare a sé stessi ne Il colore delle lacrime, stille che scandiscono nel segreto dei propri fragili sogni gli ultimi atti di un amore finito.
È una parola, infine, che si perde nel canto ne La ballata di Pupella dei gatti, follia struggente del rito di una vecchia novantenne che fa l'amore con i propri gatti con l'abito bianco macchiato di sangue da quando, in un giorno lontano, venne violata ed abbandonata dal suo promesso sposo.
Storie o "storiacce", dunque brandelli di vita traboccanti umori e passioni.

"…Fu allestito con pochi mezzi economici ed il suo modulo generò altre felici operazioni. "Storiacce" aveva una caratteristica meravigliosa. Da un punto di vista scenico il trait d'union fra questi pezzi era assolutamente complicato ed a Federico Odling venne l'idea di farlo con la musica, che lui scrisse personalmente, con un pianoforte manovrato da un computer dietro le quinte che muoveva i tasti da solo. C'era una sorta di quarto personaggio, cioè questo pianista fantasma che univa come un ectoplasma tutti i brani e li immetteva in un unicum scenico…"
(V. ALBANO, Conversazione con Francesco Silvestri, Maggio-Settembre 2005)