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Francesco Silvestri - Teatrografia

Francesco Silvestri

a cura di Vincenzo Albano


Questo mondo qua, piccerillo mio, tu non lo sai, tu non lo sai ancora, ma è pieno di colori...

F. Silvestri

Mio Capitano

In un accampamento dismesso, tra brandelli di tende e falò un tempo ardenti, si consumano gli ultimi scampoli di vita di un gruppo di fragili soldatini entro il perimetro di un campo di battaglie solitarie, che ciascuno si ostina a combattere nel buio della propria trincea contro un nemico che non si vede, quello che indurrebbe a combattere per davvero e non soltanto contro il fantasma del proprio passato.

Sono "ultimi" che fuggono dalla vita e dalle sue amarezze, che non sono riusciti a superare dei traumi, volontariamente confinati nell'ultimo "avamposto dei sentimenti" dove hanno trovato un motivo per non farla finita, per esorcizzare il proprio dolore nel fermento di giornate sospese tra abitudine e rassegnazione. "La guerra ed il massacro si rovesciano in una sorta di surreale sogno alla Dalì, con le ferite, gli ordini, gli atti militari e le crudeli esecuzioni, a nascondere la segreta cifra di sentimenti inconfessati, forse perché troppo intensi e vivi. Tanto intensi e vivi da non poter scegliere la pace e l'armonia, ma la devastazione, come loro ecosistema naturale". Una elegia per undici uomini piccoli piccoli, dove la virilità, socialmente intesa, non è altro che lo sbiadito ricordo di una sovrastruttura dimenticata.

"…Non fu uno spettacolo di successo, ma lo fu per l'impatto scenico. C'erano centinaia di litri d'acqua in scena, acqua che monda, che purifica, e soprattutto delle macchine illuminotecniche straordinarie. Pasquale Vitiello, il mio datore luci che ora non c'è più, inventò delle macchine a batteria che illuminavano l'attore, il quale se la portava dietro. Pasquale era un soldato tra i soldati e quando vedeva che la batteria stava per finire entrava in scena e la sostituiva, anche se l'attore in quel momento stava recitando…
Era tutto molto magico, ma drammaturgicamente si seguiva poco. Avevo decine di personaggi nella mia testa, nei miei appunti, e dovevo seppellirne qualcuno. Così facendo, li ho seppelliti tutti insieme. Tutto ciò mi è servito per fare pulizia ed approdare a
Fiori d'Agave…"
(V. ALBANO, Conversazione con Francesco Silvestri, Maggio-Settembre 2005)