Francesco Silvestri
a cura di Vincenzo Albano
Questo mondo qua, piccerillo mio, tu non lo sai, tu non lo sai ancora, ma è pieno di colori...
F. Silvestri
a cura di Vincenzo Albano
Questo mondo qua, piccerillo mio, tu non lo sai, tu non lo sai ancora, ma è pieno di colori...
F. Silvestri
Mammina, Pietro e Manuele sono tre tra i tanti disadattati che la Legge 180 ha privato di assistenza, senza nulla offrire in termini di protezione sociale. Una volta usciti dall'Istituto che li ospitava si chiudono in un isolamento forzato, dividendo l'angusto spazio di una baracca situata alla estrema periferia della città di Napoli.
Insieme costituiscono una "famiglia", pur non avendo alcun legame di parentela. Mammina funge da capogruppo, offendo ai due compagni quell'affetto materno di cui hanno un disperato bisogno. Ma è proprio la maternità il suo dramma. Ella è in realtà una donna sterile vittima da giovane di una gravidanza isterica che l'ha costretta su una sedia a rotelle, la cui conseguente sofferenza esorcizza tra una finta gravidanza ed improperi alla luna come una rivale da sconfiggere in fertilità e maternità.
Manuele, chiuso nel proprio mondo fantastico, e Pietro, impulsivo, violento e a tratti invidioso, sono tuttavia capaci di un rapporto reciproco ludico e sincero. Mammina ne domina la fragilità e l'inettitudine alla realtà e, per mantenerne sempre più suddita l'attenzione, costringe i due a sottili e crudeli ricatti morali ai quali sottostanno per paura, per incapacità o semplicemente per rassicurante abitudine.
Ad incrinare questo precario equilibrio è la scoperta, da parte di Manuele, di un puttino dalle ali piumate, uguali a quelle spuntate sulle sue spalle.
L'evento scatena le tensioni represse. Mammina diventa ancora più acida e finge di dare alla luce un figlio per boicottare ogni attenzione verso il neonato; Manuele, dal canto suo, cerca di proteggere la "sua" creatura sostenendo di averla partorita.
Pietro, frastornato dagli eventi che precipitano, tenta una tiepida quanto impossibile mediazione fino a quando, stanco di ignorare l'inferno che li circonda, decide di compiere un ultimo gesto risolutivo.
"…Anche con "Angeli all'inferno" la vita si unì al palcoscenico. Quando hai delle speranze, quando investi su qualcuno, quando speri che tutto possa essere come Saro e la rosa e ciò non avviene, questo per me è un guaio. Questo testo nacque in un pomeriggio estivo di noia, ma quello che aggiunsi durante l'allestimento fa parte di quello che stavo vivendo e delle conseguenze che portavo dentro…"
(V. ALBANO, Conversazione con Francesco Silvestri, Maggio-Settembre 2005)