Francesco Silvestri
a cura di Vincenzo Albano
Questo mondo qua, piccerillo mio, tu non lo sai, tu non lo sai ancora, ma è pieno di colori...
F. Silvestri
a cura di Vincenzo Albano
Questo mondo qua, piccerillo mio, tu non lo sai, tu non lo sai ancora, ma è pieno di colori...
F. Silvestri
"…Lo scrivemmo io e Melina Formicola per una rassegna napoletana sul "mito". Mettemmo insieme tutti quelli che conoscevamo per farne la storia di un novello Icaro alla ricerca di un padre che non incontrerà mai, un padre che ha scelto la libertà e che indica al figlio la stessa come senso della vita…Il viaggio è momento fondamentale di formazione personale, un po' come è stata la mia vita quando scelsi di percorrerla andando via di casa…Eravamo tre attori per quaranta personaggi. Da un punto di vista spettacolare andò benissimo… "
(V. ALBANO, Conversazione con Francesco Silvestri, Maggio-Settembre 2005)
Siamo in un mondo fiabesco ed immaginario dove libertà e desiderio, sogni ed illusioni, sono effettive possibilità di vita.
Se nella leggenda Icaro indossa ali di cera per sfuggire alla prigionia del labirinto ed innalzarsi nei grandi spazi del cielo, finendo però la sua ardimentosa sfida nell'abbraccio mortale del mare per essersi troppo avvicinato al sole, qui egli si libra sulle ali di un aliante avuto in regalo dal padre prima che quest'ultimo andasse via senza più tornare. La ricerca del babbo, per ringraziarlo, si rivela un avventuroso viaggio attraverso le meraviglie e le insidie del mondo. Si imbatterà in Osvaldo ed Asdrubale, due goffi cacciatori che lo scambiano per un uccello del malaugurio, ed in tutte le figure mitologiche ricondotte a dimensioni attuali.
Il "viaggio" diventa momento fondamentale di formazione personale, un affrancarsi dall'età infantile per entrare in quella adolescenziale, se non adulta. Ed è la libertà stessa ad indurre il protagonista ad abbandonare naturalmente il motivo primario della sua avventura.
Una favola giocosa alla riscoperta del "bambino dentro ognuno di noi" e che, nel rifiuto di sbrigative etichette o di confini anagrafici, manifesta con i caratteri originali del teatro uno sgranare gli occhi sul mondo senza porre limiti alla capacità di meravigliarsi.