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Manlio Santanelli - Il teatro

Manlio Santanelli

a cura di Barbara D'Andria

 

Beati i senza tetto perché vedranno il cielo.

M. Santanelli

La fabbrica delle creature

Si parla spesso della produzione teatrale di Santanelli come di una rappresentazione della realtà in cui l'assurdo occupa un posto notevole. Nella commedia La fabbrica delle creature ritorna sulla scena l'atmosfera familiare con tutti i suoi veleni e i suoi nodi indissolubili e l'immaginazione si rivela, ancora una volta, inferiore alla realtà.
Il conflitto, in questo caso, è tra una zia, Ersilia, e una giovane nipote, Samanta: alla sterilità della donna più matura fa da contrasto una precoce maternità della più giovane. Ersilia, infatti, si è vista negare da una natura ostinata ogni possibilità di concepimento e, per questo, ha nutrito un'avversione per i bambini, tale da raggiungere la fisionomia di un odio vero e proprio. Ma arriva il giorno in cui la donna si trova a dover fare i conti con l'inaspettata gravidanza della nipote. La prima reazione non si limita solo ad un rifiuto assoluto di farsi carico dell'indesiderata famigliola, ma si trasforma in un vero e proprio conflitto familiare supportato da una complessa dote di motivazioni che in teoria dovrebbero condurre all'interruzione di quel processo riproduttivo. Come esistono i bambini non desiderati che bussano alla porta della vita, esistono anche coppie che si struggono dall'angoscia di non poter diventare genitori. Incattivita dalla frustrazione, la zia concepisce il folle ma realistico proposito di vendere il bambino e quel che più conta è che riesce a convincere la nipote, allettandola con prospettive di facile guadagno. Da qui all'istallazione di una fabbrica di bebè il passo è breve. Il secondo atto vede, infatti, tutta la famiglia impegnata nella gestione di questo business, che anche grazie all'apporto di Internet ha varcato i confini del quartiere e della città. A Napoli, però, ogni impresa difficilmente sfugge al controllo della malavita organizzata, che non vista, provvederà a orientare la commedia a suo modo dirottandola sul binario dell'imprevedibile.
La drammaturgia di Manlio Santanelli procede lungo un percorso che giunge inevitabilmente a mettere in luce l'angoscia e le devianze psicologiche dei soggetti, i quali, non riconoscendosi in una realtà disgregata e frenetica, cercano disperatamente di fuggire, di mettersi in salvo, costruendo un mondo irreale e impossibile in cui essi si illudono di trovarvi finalmente riparo per esprimere le proprie pulsioni e il proprio animo, ma che, al contrario, li conduce drammaticamente alla solitudine e al conflitto esistenziale.
Attraverso una scrittura rapida e incisiva, incline al paradosso utilizzato come chiave di lettura della realtà, Santanelli vuol dimostrare quanto questa realtà sappia assumere, sotto l'apparente normalità, dei contorni deformi e mostruosi. Il teatro, secondo l'autore, deve avere la funzione di esprimere il malessere del nostro tempo, facendo emergere disagi e patologie di personaggi, i quali procedono sul filo teso di una nevrosi che li distrugge a poco a poco. La tragicità di questo teatro non può trovare soluzione, se non nel vuoto che rende i protagonisti vittime di sé stessi e nel non senso che amplifica la loro solitudine.