Manlio Santanelli
a cura di Barbara Barone
Beati i senza tetto perché vedranno il cielo.
M. Santanelli
a cura di Barbara Barone
Beati i senza tetto perché vedranno il cielo.
M. Santanelli
Il baciamano, pur mantenendo alcune delle caratteristiche tipiche del teatro di Santanelli, per altri aspetti si presenta come un'opera completamente a se stante. Infatti, nonostante rientri nel filone del teatro dell'assurdo e del grottesco, nel testo è completamente assente quel gioco al massacro, quella curiosità morbosa per la vita e per gli oggetti altrui, che è alla base del teatro di Santanelli.
Ne Il baciamano scompare la figura della donna-madre oppressiva che con il suo amore induce alla fuga (Bellavita Carolina) o alla morte (Regina Madre) coloro che più ama.
Protagonisti de Il baciamano sono un gentiluomo, idealista e giacobino, e Janara, una lazzara che, per ordine del marito, deve ammazzare e cucinare il giacobino. La storia è ambientata a Napoli, durante la Rivoluzione Napoletana (1799), periodo in cui nella città partenopea domina il caos e la follia. Secondo alcune testimonianze (si legga la Storia di Napoli di Antonio Ghirelli), sembra che in questo periodo a Napoli si siano verificati atti di cannibalismo e proprio da qui, dalla follia, dall'antropofagismo prende spunto Il baciamano.
È un dramma testo basato su due grandi e brillanti intuizioni: l'uomo che mangia se stesso, come metafora della Napoli che uccide la sua speranza di modernità e la sua essenza "umana", uccidendo in questo modo la stessa rivoluzione giacobina; e quello della popolana che prova piacere per un semplice baciamano, che diventa il vero grande desiderio della sua vita abbruttita.
L'opera, pertanto, oscilla tra l'assurdo, il grottesco, si pensi al giacobino cucinato in salsa francese, e il realismo di una città in rivolta, di un popolo affamato e di una donna, la cui umanità è stata uccisa dalla fatica e dalle percosse del marito. Forse proprio in questo difficile equilibrio sta la bellezza di un testo che, per quanto non strettamente caratterizzato dallo stereotipo della napoletanità, al tempo stesso è comunque frutto delle origini partenopee del drammaturgo.
La scelta linguistica rappresenta un altro punto di svolta rispetto alla produzione di Santanelli, infatti per la prima volta, un personaggio, quello di Janara per l'appunto, si esprime solo ed unicamente in dialetto. Scelta dettata, probabilmente, in parte dal realismo, a quel tempo il popolo si esprimeva unicamente in vernacolo, in parte dalla volontà di accentuare ulteriormente la distanza ideologica e culturale dei due protagonisti. Ad ogni modo, questa scelta linguistica non ha impedito la rappresentazione del testo in un circuito teatrale che va al di là degli stretti confini campani, come dimostra la traduzione del testo in lingua francese(Baisemain) di Valeria Tasca.