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Manlio Santanelli - Il teatro

Manlio Santanelli

a cura di Barbara Barone

 

Beati i senza tetto perché vedranno il cielo.

M. Santanelli

L'ambientazione delle commedie

L'ambiente in cui le commedie di Santanelli prendono vita è generalmente un luogo chiuso, si tratta di piccole stanze di appartamenti medio-borghesi che con il progredire della rappresentazione, si trasformano in una sorta di ring sul quale i due protagonisti si sfidano fino a cadere al tappeto, privi di vita. Una notevole influenza, in questo senso, l'ha esercitata Arold Pinter.
"Santanelli - come scrive Huguette Hatem nel saggio intitolato La donna nel teatro di Manlio Santanelli - non si preoccupa di fare un teatro che trovi le sue radici nella società, ma ciò che lo interessa è la devianza del singolo individuo, la crisi d'identità, tematiche che sono sempre esaminate attraverso coppie, in apparenza normali, ma che ben presto si rivelano mostruose, come se la coppia stessa generasse devianze [...]".
Lo stesso Santanelli afferma che la linea di continuità che riconosce più frequentemente nelle sue opere è di combinare il teatro naturalistico con quello dell'astratto, dell'assurdo: "Più che l'individuo esprimo la classe cui mi riferisco."
Nelle sue commedie accade spesso che si parta da una situazione apparentemente rassicurante, in un ambiente di tipo borghese e naturalistico, per poi prendere la prima strada possibile verso la follia, il paradosso, che è, a parer dell'autore, "un modo di avvicinarsi alla realtà attraverso sistemi d'uso comune, quali indagini e inchieste". Essa gli appare sempre più indescrivibile, tanto da indurlo a credere che soltanto attraverso l'intuizione poetica, la si possa sfiorare. "La realtà - afferma Santanelli - supera se stessa continuamente e macina tutte le possibili documentazioni. Si entra in un circolo perverso, si mostra una realtà inafferrabile e questo rende il testo sempre più agghiacciante. Quando crediamo d'essere arrivati alla fine di questo processo di disgregazione e di patimento, scopriamo che c'è ancora dell'altro. È come l'orizzonte: per quanto ci si avvicini appare eternamente lontano."
Vi è, inoltre, una costante nel teatro santanelliano, vale a dire il senso di minaccia che aleggia sulla scena, che può essere determinato da un ambiente sinistro e pericoloso, basti pensare allo stabile pericolante in cui vivono Pacebbene e Cirillo in Uscita d'Emergenza, oppure da un senso di angoscia non meglio definito, ma comunque preoccupante.
L'autore sente la necessità di far sì che i suoi testi abbiano, come nota di fondo, una continua "temperatura d'allarme", proiezione estrema dell'inquietudine interiore dei personaggi.
"L'umanità che io rappresento - afferma Santanelli - è preoccupata, precaria, disperata. Quando questi individui vengono a confronto, o meglio a conflitto, la loro disperazione si esprime in solidarietà se c'è un'aggressione esterna, o in ostilità reciproca, se la carica elettrica si libera in scena".
Santanelli è contrario all'idea di rappresentare tematiche troppo attuali, anche perché convinto che la denuncia sia una caratteristica più legata al giornalismo che al teatro. Ad ogni modo questo circolo perverso, questo inseguimento infinito, rende i suoi testi sempre più agghiaccianti. Ogni volta che crediamo di aver raggiunto il fondo, d'essere arrivati alla fine di questo processo di disgregazione e di patimento, scopriamo che c'è ancora dell'altro, ci accorgiamo che si può scendere ancora più in basso.