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Autori - Peppino De Filippo

Peppino De Filippo

a cura di Daniela Piscopo

 

Considerate, vi prego, il mio teatro lo specchio di voi stessi...

P. De Filippo

 

L'autobiografia

Nella sua autobiografia, intitolata Una famiglia difficile, Peppino intraprende un lungo viaggio a ritroso nel tempo. Il libro ripercorre infatti i momenti fondamentali della sua vita: dall'infanzia trascorsa nel piccolo paese di Caivano con la balia; al ritorno a Napoli nella casa materna con i fratelli Eduardo e Titina su cui si sofferma a lungo.
Tratteggia inoltre tutta l'esperienza teatrale percorsa: dagli esordi nei panni di "Peppiniello" nella celebre commedia di Eduardo Scarpetta Miseria e Nobiltà, al sodalizio con Eduardo nella compagnia "Il teatro Umoristico dei De Filippo" fino al fatidico Dicembre 1944, quando i fratelli si dividono e Peppino forma un suo gruppo teatrale. Conclude infine il suo percorso, raccontando il tragico giorno della morte di Titina in cui vede per l'ultima volta Eduardo.
E' sorprendente come l'autore con la sua scrittura semplice e lineare, sappia presentare nei minimi particolari scene di vita familiare in cui persino una pianta, un mobile, il colore di una stanza o figure marginali acquistano il ruolo dei protagonisti. Dalle sue righe viene fuori una leggera musicalità fatta di suoni, parole, risate, pianti che conferiscono al testo un ampio respiro. Peppino è un attento scrutatore di tutto ciò che lo circonda, immagina persino di ricordare gli odori e i sapori di un tempo, ma ha anche un animo fortemente sensibile che lo porta a vivere con tormento la sua non facile situazione familiare.E' un figlio illegittimo non riconosciuto dal padre naturale, che è costretto, come gli altri due fratelli a chiamare zio. Questa figura di uomo imponente ed austero si aggira per le stanze della casa lasciando molto poco di sé, se non la sua severità, ma soprattutto non donando l'amore di cui i figli hanno bisogno. E allora il tono delle parole si fa più triste, quasi doloroso, raggiungendo a volte punte di commozione.
Eduardo e Titina compaiono all'interno di questo mondo del ricordo quali figure onnipresenti. Peppino ha un grande amore per la sorella da cui si sente protetto e che stima profondamente nel suo ruolo di artista; d'altronde anche nelle opere successive come Strette di mano o nelle poesie non cesserà mai di parlare di lei con grande dedizione e nostalgia. Con Eduardo è invece più severo. Il quadro che ne delinea è quello di un uomo egocentrico, di fratello "tiranno" che non esita ad imporgli le sue scelte artistiche, spesso, relegandolo ad un ruolo marginale in quel mondo teatrale che egli stesso si era faticosamente costruito e che non esitava a voler gestire a modo proprio. Peppino si sentiva perciò tristemente sottovalutato nel suo ruolo di autore-attore e numerose erano state le dispute accese circa la scelta dei soggetti teatrali, del modo in cui interpretarli e portarli sulla scena. In quest'ambito Titina ebbe spesso la funzione di mediatrice, ma al momento della rottura definitiva nemmeno lei riuscì ad impedire ciò che era nell'aria già da tempo: lo scioglimento della compagnia. Il colpo fu durissimo per Peppino che si trovò improvvisamente allo sbaraglio senza un preciso tipo di orientamento teatrale e proprio negli anni in cui Eduardo trionfava con Filumena Maturano che lo elevava a monumento del teatro nazionale ed internazionale. Ed è proprio nello smacco subito, nel desiderio di rivincita personale che risiede il significato più profondo della sua autobiografia, intesa non solo come desiderio di fermare il tempo, ripercorrendo ad uno ad uno i momenti più importanti della sua vita, ma anche come "denuncia" di eventi familiari e artistici con lo scopo di riscattare se stesso, la propria dignità e bravura in quell'ambiente teatrale in cui non era certo una semplice comparsa. Da qui la scelta di tradurre tutte le sue opere in lingua e di dare un giusto valore al genere prescelto: la farsa.