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Enzo Moscato - Testi on-line

Enzo Moscato

a cura di Isabella Selmin


Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.

E. Moscato

 

Car - Melos

Sfòrbicia, Carmelo,
giacigli sorvolati da comete,
sfòrbicia, bestemmia -
i Turchi sono stesi faccia a terra
dinanzi all'Assunzione.
Astori e falchi, chiama,
con le grida rese lame dalla pioggia,
àstori e falchi, mostri,
d'acque-mostri,
dall'incisa, arida vetta di montagne,
grembo-Venus.
Guardali, accècali,
graffiata di lentischio la tua voce,
levitante, senza ali,
e, attorno alle fabbriche promiscue, mille api -
Vai e vieni dal miele, dal vino,
vai e vieni da malarie, dalle febbri,
sincroni salti dai mari, dai Due,
da morfina e da assenzio, dighe:
il piccolo, mai nato, ingoia il suo prepuzio di poeta,
lo stronzico suo melos da destino:
è un sàndalo, ecco,
il sàndalo ferito dal suo suono,
lungo acciottolati
la phonè:
tiènila, allora, con dito morticino, pressato sulla gola,
tiènila, tiènila -
e frena le passioni, emorragie,
cresce su ognuna l'ireos, l'accento sbagliato, scazonte,
di cui non mi vergogno.
Tagliala nel mezzo, a colpi di scure, tagliala, accoppala,
doppiata e ribattuta da scorpionici ruscelli,
limo verde, da balbuzie, dis-lessia,
organi ed umori, incidi, lacerti, ammonticchia, trippe,
al teatro inverosimile dell'essere,
schiodala dal silenzio, e, al silenzio, riappiccicala, dopo,
ospitala tutta in te, tutta in te, per una notte,
crocifiggila, stuprala, bellissimo cadavere:
offendi -
Non una siepe, nessuna,
dividerà il suo lamento, con la vicina, da egoista, non una,
intanto che va il rettile e sordissimo rumore del misfatto,
il mutacico, indicibile ante-fatto.

Enzo Moscato, Napoli, 4 dicembre 2002.