Enzo Moscato
a cura di Isabella Selmin
Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.
E. Moscato
a cura di Isabella Selmin
Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.
E. Moscato
Amleto non permette vie di mezzo, come Edipo è radicale, costringe a domande che non lasciano vie di scampo. Neanche a chi lo mette in scena.
Questa volta è toccato a Enzo Moscato (autore, attore e regista di spettacoli bellissimi e crudeli nati tra i bassi di Napoli).
Il suo Mal D'Hamlé è ambientato in una caserma dove esplodono le contraddizioni di un disagio esistenziale che non lasciano spazio al dubbio. Tra i nonni e le spine c'è chi non si adegua alle vessazioni e muore o, anche, chi come il sergente Hamlé diventa una sorta di officiante per uno squallido rituale violento e osceno che tenta di dare un senso a queste vite perdute ma ne sarà la vittima.
Le azioni si ripetono all'infinito come i giorni squallidi.
Chi popola questo mondo marcio spende parole vane, la tragedia che incombe viene evocata con una salmodia delirante interrotta dagli spezzoni di una colonna sonora che tritura Battiato e Laurie Anderson, i Coccodrilli dello Zecchino d'Oro e gli 883.
La fatica di Enzo Moscato e degli altri interpreti è vana, tutto si sovrappone senza portare a niente e, alla fine, l'idea del malessere si perde nella confusione.
Si replica al CTR Salone.
F. CAPPA, "La notte", 30 novembre 1994.