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Enzo Moscato - Articoli scelti

Enzo Moscato

a cura di Isabella Selmin


Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.

E. Moscato

 

Contaminazione Artaud

La scena è buia e ingombra di carte e bende bianche, quattro leggii formano un cerchio magico che gli attori percorrono e profanano con le parole, le musiche ironiche, i gesti avari.
Sono mummie, lemuri della parola che Enzo Moscato ritrova per mettere in scena alla Galleria Toledo il suo Lingua, carne, soffio tragitto epidemia per Antonin Artaud.
"Sabbia mobile, su cui scrivere, di continuo, parole di continuo cancellate", questo è il teatro per Moscato, questa è la malattia la contaminazione, la pestilenza che disfa corpi e pensieri, e Artaud è ispirazione, punto di fuga all'infinito, richiamo ineludibile, seduzione malvagia e malata per un rito insano e seducente. Dopo quattro anni Enzo Moscato mette ancora una volta mano al suo Lingua, carne… ed incontra nuovamente quelle ansie fatte spettacolo, mentre la Galleria Toledo diventa ancora una volta "luogo di culto", sala prediletta da questo autore ed attore napoletano tanto singolare quanto avaro delle consolazioni emozionali cui ci abitua il teatro.
Riscrivere di continuo, imperativo d'autore - attore - regista, e quindi questo spettacolo non sarà certo quello del lontano gennaio del 1997, ma diverso ed intenso pur nell'impianto doloroso. Oggi altri brividi si accumulano a quelli, invenzioni e citazioni, accennate ironie, segmenti musicali e canzoni che s'incuneano all'improvviso nel gioco cupo degli attori. Ombre e fantasmi, mummie avvolte in sudari disfatti, bianche apparizioni che popolano l'incubo faticoso, essenza stessa della babelica scrittura di Enzo Moscato in scena con Tata Barbalato, Gino Grossi, Carlo Guitto, Salvi Moscato, Giuseppe Scovito e le giovanissime e ormai consuete presenze di Francesco, Peppe, Gianki Moscato e Giuseppe Affinito.

Giulio BAFFI, "la Repubblica", 11 marzo 2001.