Enzo Moscato
a cura di Isabella Selmin
Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.
E. Moscato
a cura di Isabella Selmin
Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.
E. Moscato
Oro tinto (e il biondo, prezioso metallo, evocato dal titolo, non può non alludere - in una scena, volutamente e ortesianamente, 'povera e semplice', qual è quella di Enzo Moscato - che alla stessa e necessaria finzione, simulazione, artificio, 'trompe-l'œil', della Vita - più veri, a volte, della Vita medesima - su cui, da sempre, il Teatro si fonda…), è un divertito/divertente collage di brani, alcuni tratti da suoi testi già noti al pubblico (Recidiva, La Psychose paranoique parmi les artistes), altri completamente inediti o mai messi in scena (Guerre di religione, Querelle de Piedigrottar'd), e mescolati gli uni cogli altri, adesso, per un'alchemica occasione di spettacolo. Che non è mai solo un nuovo debutto, ma un ulteriore tratto di verifica/ricerca drammaturgica.
Un nuovo passo avanti (o indietro?) nello sconfinamento-coinvolgimento-contatto con l'Altro da Sé Stesso (lo Spettatore, interno e esterno) che ogni teatrante deve avere il coraggio, o l'incoscienza, di fare. Occasione, poi, per inciso, che segna il ritorno all' "assolo assoluto" dell'autore-attore-regista napoletano - dopo ben sette anni di assenza dalla scena in tale ruolo, e che, per forza e intensità di partecipazione, insieme all'ironico distacco, semi-seria lontananza, che animano tutte le sue performance, non può non richiamare alla memoria l'effervescente energia di lavori, ormai 'cult', quali Compleanno, Occhi gettati, Luparella, Cartesiana, e via "spettacolando".
(Note dell'Autore)