Enzo Moscato
a cura di Isabella Selmin
Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.
E. Moscato
a cura di Isabella Selmin
Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.
E. Moscato
Non una full immersion dentro la scrittura variegata, multipla, estesissima (narrativa, saggistica, teatro, poesia, canzoni, cronache erudite) del grande (e trascurato) autore napoletano - impresa, a dire il vero, impossibile a compiersi, a meno di non voler attuare un percorso enciclopedico, sterile ed inutile - ma una sorta di veloce ed intenso omaggio del cuore, dal taglio bizzarramente impressionistico, dato per frammenti, lirici od iper-realistici, naturalistici o sbrigliatamente surreali, evocativi, criptici, e legati tra di loro da libere strofe a cappella, pescate a caso dall'immenso repertorio musical-vernacolare dell'eclettico don Salvatore. Con questo dando forma a ciò che di solito non si vede, o non viene investigato a fondo, nell'opera di chi scrisse Assunta Spina, ma anche il vetriolato pamphlet-denunzia sulla prostituzione in Napoli, i versi di Era de Maggio, ma anche novelle e racconti in un italiano perfettissimo, scevro da qualsiasi compiacimento locale, che lo stesso Benedetto Croce elogiò e chiosò come esempio di scrittura accesa ed inquietissima. È la presenza (nascosta) della voce a monte dello scritto; l'esserci (discreto) di chi parla e testimonia, prim'ancora di chi scrive congelando le emozioni, il tratto più moderno, a nostro avviso, del mondo espressivo di Di Giacomo: una scrittura concepita innanzitutto come gesto corporale, soffio, ansimo, pulsionalità, respiro; un calcolo inchiostrale che deriva da passione; strappo radicale con il mondo o col reale, alla maniera del folle ed incatturabile Artaud; una specie di febbrile obbedienza ad un divino, che presiede alla forma delle cose, al loro involucro sonoro e scintillante, prim' ancora che a degli ovvi e scontati contenuti.
(Note dell'Autore)