Enzo Moscato
a cura di Isabella Selmin
Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.
E. Moscato
a cura di Isabella Selmin
Nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro.
E. Moscato
Uno spazio alquanto disadorno eppure pomposo. Un tavolo, due sedie, forse tre. Le une di fronte alle altre, nella posa di un intimo forsennato colloquio. Il tavolo, invece, sembra essere in attesa di una festa tra amici o di un incontro di compleanno fra comari cinguettanti. Sulla tovaglia, in numero contato, rosse rose finte e una bottiglia di modesto spumante già stappato.
Nei pressi di una coppa di metallo opaco, in un angoletto appena sfiorato dalla luce, dardeggiano diademi di stagnola, orecchini spaiati, rossetti inaciditi.
Quando, in fantasmatica parata incedono Ines, Bolero, Spinoza, i sorci, le matte, le gatte Rusinella, i mutanti, i maniaci, gli innesti, le ibride, pirati, priori, scrittori, inquisitori, raziatori di pistole pronte ad essere suonate come sax una volta scartocciate da corbeilles d'intricate narrazioni. Materiale infiammabile, e si vede, proveniente da galassie papiriche-tufacee, rigorosamente made in Naples ovvero Babilonia.
(Note dell'Autore)