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Leo de Berardinis - Articoli

Leo de Berardinis

a cura di Marilena Gentile

 

Il teatro è veramente lo specchio profondo del tempo, dove l'uomo riflette se stesso, non per fermarsi nella fissità della propria forma, ma per scrutarsi, allenarsi, come un danzatore.

L. De Berardinis

Nel fluido fiume, con Leo

Nel suo volume sulle Passioni dell'Anima, un razionalista come René Descartes afferma, più o meno che la passione altro non è che il risultato su qualcuno dell'azione dell'altro: ovvero la passione è di chi viene trasformato dall'azione. Partendo da un criterio razionalistico Descartes approda a un risultato "emotivo". Forse è simile l'approccio di Leo de Berardinis, in questa nuova fase della sua lunga e intensa vita di ricercatore del teatro. Ricercatore in senso scientifico, una figura di matematico che applica il rigore analitico al suo speciale campo d'azione: il corpo dell'attore. Ma da tanto studio, da tanta scuola, da tanta sistematica analisi emerge, dirompente, la passione. L'emozione che invade lo spettatore di fronte a Past Eve and Adam's, il nuovo spettacolo di Leo andato in scena al piccolo teatro San Leonardo di Bologna.
In uno spazio vuoto, che assume i colori dell'infinito, Leo de Berardinis è solo sulla scena, come già altre volte aveva fatto: si muove a gesti lenti, cerca di abbracciare il flusso ininterrotto di musica - Mozart, Bach, Beethoven, Liszt, ma anche Propellerheads - e di guidare la voce come un direttore d'orchestra, o come faceva il maestro Sufi Nusrat Fateh Ali Kahn nei suoi concerti Quawwali. E il corpo-strumento dell'attore risuona della poesia (che è bellezza terribile...), attraversa territori sconfinati, scivola dolcemente dal Finnegan's Wake di Joyce, che dà il titolo allo spettacolo, ai versi di Dante e Omero. Affronta con impeto Shakespeare, costringe la folle Ofelia a dire le parole di Leopardi risuonando sui Klavierstutcke op. 11 di di Schonberg con perfetta sintonia.
È davvero un ''fluido fiume" quello che avvolge lo spettatore, lo trascina, sulle orme di Ulisse, a superare le colonne d'Ercole: alla sfida coraggiosa e assoluta dell'uomo, del XXVI canto dell'Inferno, fa però da contraltare la coscienza del fallimento, il senso tragico di morte che risuona nel Requiem mozartiano, ad anticipare uno dei momenti più alti dello spettacolo. Con grande intuizione, infatti, Leo accosta al verso di Dante l'aspro sguardo di Pasolini, le cui Ceneri di Gramsci - sostenute dal sax di Coltrane che dialoga struggente con la batteria di Elvin Jones - acquistano dolenti colori di disincantato commento della realtà. Ma il battello, ebbro di poesia, non si ferma ecco ancora una scintillante Lady Macbeth, e un Riccardo III impastato di dialetto, fino al monologo di Amleto, la preghiera laica che l'attore porge, in proscenio, sommessamente, la bocca incollata al microfono tanto da far risuonare anche il lento respirare, in una solitudine infinita.
Poi è l'Edipo Re di Sofoele, che Leo copre sorprendentemente con la piccola maschera bianca, e ancora Joyce, quasi a segnare una ciclicità aperta di percorso, e infine il Paradiso di Dante.
E l'azione che si fa materia nella parola assoluta: si conclude il viaggio con un dono di passione.

Past Eve and Adam's di e con Leo de Berardinis, Bologna, Teatro San Leonardo, fino al 14 novembre poi in tournée.

A. PORCHEDDU, "Il Sole 24ore", 7 novembre 1999.