Roberto Bracco
a cura di Marilena Gentile e Samanta Scidone
Il teatro di prosa - non par vero - è un po'... come l'Amore, quanto più si discorre d'Amore, tanto meno l'Amore finisce.
R. Bracco
a cura di Marilena Gentile e Samanta Scidone
Il teatro di prosa - non par vero - è un po'... come l'Amore, quanto più si discorre d'Amore, tanto meno l'Amore finisce.
R. Bracco
Un attore che suscita grande interesse in Roberto Bracco, nella doppia veste di drammaturgo e critico teatrale, è Ermete Novelli, magistrale interprete della prima messinscena di Non fare ad altri. Più volte, infatti, Bracco gli dedica interventi critici nei tre volumi Nell'arte e nella vita, raccolta dei suoi articoli più importanti. Il drammaturgo napoletano, proprio in un articolo pubblicato sullo "Zeit" di Vienna, nel 1896, evidenzia la bravura del Novelli e ricorda come dopo la rappresentazione di Non fare ad altri il suo camerino si riempì di "gente d'ogni sorta" che egli accoglieva sempre con grande entusiasmo e disponibilità. Per Ermete, attore comico amatissimo dal pubblico, fu difficile affermarsi come attore tragico: le sue qualità fisiche ed i suoi spiccati caratteri, uniti alla voce, al trucco, agli abiti di scena, facevano di lui una macchietta capace di trasformare gli schizzi caricaturali in veri e propri tipi teatrali.
Alle sue prime interpretazioni drammatiche il pubblico era diffidente e continuava a chiedergli i pezzi del suo repertorio comico, soprattutto Condensiamo, nel quale egli si faceva interprete delle caricature degli attori più noti. Gli applausi scroscianti del pubblico perciò lo gratificavano solo in parte. Pian piano, però, i suoi spettatori iniziarono ad acclamarlo anche come attore tragico, sebbene quel desiderio di comicità così diffuso era determinato dalla volontà di dimenticare il presente. Novelli attingeva alla tradizione della Commedia dell'Arte e portava in scena l'estro creativo che scaturisce dallo stretto contatto con il pubblico: egli, insomma, era un istrione e sapeva improvvisare un personaggio identificandosi con esso, tanto da creare "una forma scenica di verità vivente". Di lui Bracco ricorda, inoltre, la capacità di salvare in extremis anche le commedie meno convincenti.
L'unico autore che costringeva Ermete a rimanere "nei confini scenici del personaggio" era Goldoni, che Novelli amava profondamente. Per lui, infatti, interpretare Goldoni era un modo di riavvicinarsi alla tradizione del teatro italiano ormai superata. Ermete Novelli è il vero matadore, l'uomo che riuscì a trasformare i cinque atti dell'Avare di Molieré in soli tre atti affermando: "io offro un Avaro in tre atti e in questi tre atti mi metto in lungo e largo". In queste parole ritroviamo l'essenza di un attore che era una vera e propria esplosione di vitalità scenica.